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Avvento 2010: "L'attesa che placa le attese..."
“Vegliate,
dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà”, avverte
Gesù, e le sue parole dovrebbero metterci in allarme, in agitazione. Se non lo
fanno è un brutto segno. Vuol dire che il messaggio del vangelo, come quello del
profeta della prima lettura, nonché quello dell’apostolo della seconda,
significa per noi soltanto che ricomincia un altro Avvento, e che questo tempo
liturgico, definito “forte”, in realtà è diventato per noi soltanto “liturgico”,
cioè una liturgia, che nel linguaggio comune (vox populi vox Dei!) significa un
qualcosa che si ripete sempre uguale, senza incidenza sulla vita reale. Se è
così, non faremo altro che ricominciare a giocare a “Gesù che nasce un’altra
volta”, con le solite profezie di Isaia sulle lance che diventano falci,
sull’agnello che se la fa con il lupo…, e con tutto il codazzo di usanze che
questo gioco si porta appresso: presepi, alberi, luminarie, regali…
Purtroppo questa eventualità non è affatto astratta, anche perché ogni anno di
più i mass-media si industriano a proporre un “loro” avvento - questo sì molto
sentito! - consistente nell’incrementare i consumi.
Per non diventare proseliti di questo avvento, e per contrastarlo, non servono
le prediche e le recriminazioni “contro”. La pubblicità non passerà dalla nostra
parte, dedicandosi a vendere conversione e vigilanza. Serve che i cristiani,
come singoli e come popolo, ritrovino il senso genuino del nostro Avvento,
testimoniandone la sua incidenza nella vita reale.
Ricordiamo allora che l’Avvento non è l’attesa della nascita di Gesù a Betlemme,
ma di ciò che quella nascita porta a compimento: Gesù che torna come giudice e
Signore della storia. Questa attesa è stimolata e nutrita da tre messaggi della
parola di Dio.
Svegliamoci, dunque!
Con Isaia, saliamo sul monte del Signore, per guardare il mondo con gli occhi di
Dio. È da questo sguardo che nasce l’impegno di spingere la nostra vita e la
realtà verso livelli più compatibili con il pensiero di Dio su di esse. Con
fiducia e senza pessimismi. Non è vero che il mondo è stato sempre così e sarà
sempre così: succube della violenza, della prepotenza, dell’ingiustizia,
dell’inganno. Esso va dove vuole il suo creatore: le spade possono realmente
trasformarsi in aratri e le lance in falci. Sta avvenendo. Non ce ne accorgiamo?
Un esempio: c’è ancora la guerra, ma non è più considerata una cosa normale,
inevitabile. Ormai per tutti, anche per chi continua a praticarla, è una cosa
crudele, orribile e inutile.
Con Gesù, togliamoci dagli occhi la benda per non essere come i contemporanei di
Noè, che, nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano,
prendevano moglie e marito, incapaci di sentire il rumore delle acque che si
avvicinavano. Sotto e dietro alle cose che accadono c’è sempre qualcosa in più
di quello che si vede e si sente. C’è il Signore della storia che viene a
separare il grano dalla zizzania.
Con l’apostolo Paolo, gettiamo via le opere delle tenebre, che inevitabilmente
trovano spazi dentro di noi, e indossiamo le armi della luce. Comportiamoci
onestamente, come in pieno giorno. Rivestiamoci del Signore Gesù, facendo una
sincera revisione della nostra vita, personale e comunitaria, per ripartire
incontro al Signore con il motore messo a punto e il serbatoio pieno.
Ma…
Ma, oggi, ha senso coltivare l’attesa, dal momento che siamo già sempre in
attesa di qualcosa: del weekend, del ponte, della festa, delle ferie,
dell’aumento di stipendio, del lavoro sicuro, della pensione, del… di tutto?
Proprio perché siamo quasi in balia delle attese, che non si spengono mai e ne
accendono sempre altre, abbiamo bisogno di coltivare l’Attesa, non di altre
cose, ma di una Persona che le plachi tutte: Gesù, il senso pieno della vita e
della storia.
Che poi, a rifletterci un po’, le nostre attese sono più che altro pretese,
perché sono sempre gli altri che devono fare qualcosa per noi. Tutti vogliamo
l’aria pura, l’acqua limpida, i cibi genuini, l’energia abbondante, lo stipendio
alto…, ma i sacrifici, i tagli, le limitazioni devono pesare sugli altri. Tutti
pretendiamo le città pulite, ma le discariche e i degassificatori… da un’altra
parte.
L’attesa dell’Avvento del Signore, può scaturire soltanto da noi, non da qualche
altra cosa da ammucchiare, ma da un vuoto da creare, gettando via tutto ciò che
è superfluo, inutile, meschino (le opere delle tenebre) per fare spazio alla
giustizia, alla pace, alla verità, alla misericordia… alle opere della luce.