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Dalla rete dei pescatori di Galilea alla rete di Internet.

Per troppo tempo come Chiesa ci siamo chiesti come comunicare il Vangelo in un mondo che cambia. Ed elaborando la risposta ci stiamo accorgendo che il mondo è già cambiato. Sotto i nostri occhi. Della strategia comunicativa di Cristo cosa abbiamo capito? Scorrono gli anni, ma le prediche si fotocopiano. S'ingialliscono. Perdono la voce, il profumo, la potenza. Cristo si ri-aggiornava di notte pregando e collaudava di giorno ascoltando: parlava il linguaggio della gente. Oggi partirebbe, forse, da un blog, magari scriverebbe un sms, un'email. Ci darebbe appuntamento nel suo sito internet, sul suo profilo di facebook o su twitter, aprirebbe un forum, lascerebbe un podcast. Scriverebbe un murales, un graffito, una poesia. Certo: perché l'uomo era la sua passione. Conoscerlo il suo sogno. Amarlo l'investimento più azzardato. Metterebbe in rete la sua umanità. Perché, dopo due millenni di tentativi, il sogno rimane lo stesso: pescare uomini. E attrezzare il loro cuore di gioia. Magari nel mare di internet stavolta!
Anche lì ci sono uomini con le reti tristi dopo notti infruttuose di pesca. Come in quel lontano mare di Galilea (Lc 5,1-11). Uomini e giovinezze sempre connesse. Ragazzi con doppio passaporto. Abitano il mondo: la banda, il muretto, la squadra, la compagnia, il gruppo musicale, la piazzetta, la spiaggia, i concerti, il pub, la discoteca, la notte, l'automobile. Ma quando il mondo reale va a pezzi loro estraggono il passaporto di cittadinanza virtuale: la musica, il fumetto e internet.
Oggi, sotto le onde di internet, si sono trasformati in blog, MySpace, Live Spaces (siti che hanno dato vita al fenomeno blog), Second Life, facebook, twitter, social networks. Sono spazi pubblici di confessione, piazze ri-attualizzate degli antichi areopaghi, mercati di virtuali idee e moderne confidenze. Basta imbarcarsi su qualsiasi scialuppa e affrontare l'alto mare di Internet per scoprire la densità di popolazione, la voglia di tenerezza, il bisogno di rapporto che abita li dentro. Dietro un blog c'è sempre una storia, un volto, una mano.
Dal mio punto di osservazione come sacerdote mi accorgo sempre più che il problema prioritario oggi non è l'indifferenza verso Dio, ma la non-curanza verso gli interrogativi ultimi della vita.
Il mondo virtuale incanta i giovani, ma non li soddisfa, perché se è bello comunicare con i cellulari, fare raccolte di mp3, di suonerie, di trasmissioni radio, costruire podcast, avere a disposizione tutti i mezzi possibili per comunicare a distanza, solo il rapporto concreto, l'amicizia del contatto fisico, del guardarsi negli occhi, del sentirsi accolti concretamente permette di sviluppare scelte e dare alternative alla solitudine.
La comunicazione rintracciata nel cyberspazio non sostituisce tutto ciò: ne siamo coscienti. Ma può contribuire a spingerla verso spazi di novità, sentieri inediti e speranzosi, occasioni d'incrocio con realtà apparentemente inavvicinabili.